Testimonianze - Guadalupi.eu

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Testimonianze

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TESTIMONIANZE


01

"Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza", tragitto periglioso quello indicato da Ulisse ai compagni d'avventura, che non fecero mai ritorno. Viaggio meno pericoloso, il nostro, nel denso labirinto de I Giardini fioritidi Ol'Mar, poema epico, che è esso stesso un'Odissea nella quale si rischia di perdere orientamento e sensi, stimolati dallo strumento del primitivo "Uomo di Gutenberg" reso vibrazione sonora che si trasforma in parola e canto. Il libro si fa parola. La parola si fa musica. La musica si fa canto grazie alla voce di Alessandra Caruccio, mezzosoprano, che trasforma I Giardini fioritidi Ol'Mar in poema lirico, offrendo nuovo significatoal discorso poetico: non più parola letta, ma lirismo teatrale, che rappresenta il testo nella sua drammaticità e sensibilità più arcana e recondita. Il progetto Voce e canti, I Giardini fioritidi Ol'Mar è un'esperienza sensoriale nella quale il lettore è ascoltatore, coinvolto nell'enigma dell'esistenza umana attraverso il suono, la voce generatrice di tutte le cose, vibrazione che penetra finnel profondo dell'animo. L'odierna multime-dialità (libro-cd-Iphone-Ipad) si unisce alla più antica forma d'arte, miqrà: lettura quale strumento teatrale, evocazione non solo da leggere, ma da ascoltare.
Mauro Della Valle.


02

Siamo lì dove la voce è un luogo dell’anima, siamo dove è la fine a cominciare dal centro, dove si rivela quell’unità di espressione preesistente alla congiunzione di voce, suono e parola, nel campo magnetico del teatro buio in cui con mani e volti l’albero di carne del corpo vivo imprime il proprio canto, come per oltrepassare l’aria e la voce prende a vibrare sotto i colpi delle parole incessanti. E’ nel vuoto spaesato di un palcoscenico dove l’oscurità del dire passeggia e con forza preme passo dopo passo sulle assi della voce che Alessandra Caruccio narra, annuncia, svela alcuni frammenti tratti da I Giardini fioriti di Ol’Mar di Mario Guadalupi.
In tutto 16 brani da “Elegia dell’altra”, da “Epopea del viandante” e da “Leggenda dell’Infanzia” che compongono il libro. I Giardini Fioriti di Ol’Mar è un caso isolato nella letteratura, nella logica dell’Occidente dove “nessuna realtà preesiste alla sua osservazione”, in esso l’Autore cessa di esistere ogni qual volta compaia l’opera. Vi è sempre in qualsiasi libro, un deposito sul fondo, un buio sconosciuto nel sottosuolo della tecnica narrativa, un residuo inconsapevole tra le intenzioni di chi scrive e la sua realizzazione e questo scarto “è davvero l’opera” (Octavio Paz), così come la strada è tutt’uno con la direzione. I Giardini fioriti di Ol’Mar, poema epico in prosa, racconta l’umano pellegrinaggio, il viaggio lungo le pareti del cerchio di un presente senza estensione, racconta di un ritorno verso un passato che sembra più una mancanza riuscita che quella riva del luogo originario, su cui l’uomo perdutosi nel mare delle “guise” vorrebbe salire. Un luogo non isolabile che non ci aspetta al di fuori della vita, ma che diventa realtà ad ogni passo, come se la sorgente del fiume volendo uscire da sé e dai propri confini generasse così la foce.
Con la proprietà inorganica di un linguaggio radicalmente lirico ed unicamente irredimibile l’Autore dimostra che l’insieme non è la somma di tutte le parti, che dove irrompe l’esilio, la cacciata, vi è il predominio della Storia pur confinata nella consistenza morale della maschera vuota o nella carne mortale dei popoli. Nel poema il Bambino, la Donna, il Popolo, il Viandante sono attori di un diverso estenuato viaggiare, si affollano sul ponte della parola, dove gli Dei che li’ li aspettano “tessono” l’immediato perimetro dell’ombra da cui le voci riecheggiano fino ad esaurire il loro stesso suono. E’ scesa la notte nell’aia domestica dell’Occidente ed il blocco in rilievo del buio ci è davanti sotto forma di libro e come nel sasso entra il luogo, prendendo la forma involontaria del soggetto siamo lo spazio che entra in se stesso, la sua pelle è la nostra e resta solo la voce a guidarci nell’oscurità. Ne I Giardini fioriti di Ol’Mar è Il lettore a trasformarsi in poeta, ad entrare con il volto e le mani in quella materia fuori dal campo visivo: la sostanza impercorribile del canto.
CB 

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